RISSE, VELENO
E SCARICHE ELETTRICHE. BRACCONIERI DELL’EST TERRORE DEI FIUMI DI EMILIA
ROMAGNA, VENETO E LOMBARDIA. COSÌ I PESCATORI DI FRODO DEVASTANO L’ECOSISTEMA
Pescatori
di frodo romeni e ungheresi devastano l’ecosistema per catturare e rivendere i
giganteschi «siluri». «I cefali penzolavano dagli alberi. La terra intorno era
un deserto. Né uccelli né animali. Erano appena passati i Lipoveni», racconta
un agente del Corpo Forestale. «Portano via tutto quello che trovano. È
un’ecatombe. Due anni e sarà finito tutto».
Nel
silenzio dei fiumi di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia ogni notte si combatte
una battaglia che «sta facendo sparire tutto il patrimonio ittico fluviale». I
predoni sono trecento fra «lipoveni», pescatori professionisti romeni di etnia
russa, provenienti dal delta del Danubio (Tulcea); romeni e ungheresi, che con
una settantina di barche razziano pesci passando da un fiume all'altro, senza fermarsi
davanti a niente. I lipoveni sono famosi nell’Est perché dove passano i fiumi
si desertificano. Quando sul Danubio si sono accorti che l'80% del loro
patrimonio ittico era depredato sono passati agli arresti a raffica, confische
ed elicotteri a perlustrare. Così l'esodo ha avuto inizio. Nei fiumi delle
nostre tre regioni imperversano ormai da anni, pioggia, nebbia, neve, festa o
terremoto che sia. Sono professionisti dell’acqua di notte. Gente allenata a
battersi coi pesci siluro, bestie che raggiungono anche i 4 metri (nel Po, due
metri e mezzo per 140 kg). Sono organizzati in bande con reti, barche e
furgoni. Scendono nei fiumi e scaricano la corrente elettrica in acqua con le
batterie dei furgoni. Raffiche così alte. Sterminano tutto. Anche col bisolfito
di sodio, che uccide i pesci. Prima però stendono chilometeri di reti.
Un
giro di affari da 80 mila euro in nero a settimana, dicono le associazioni
ambientaliste e gli agenti della Forestale. Alle spalle dei bracconieri c'è
un’organizzazione con avvocati, case in affitto, associazioni di appoggio e
centri di smistamento del pesce che finisce sul mercato nero a Roma, Torino,
Chioggia o Milano o nel mercato romeno del cibo per cani. Spiega la Forestale:
«Presidiano le sponde con sentinelle. Se sono a Rovigo, e arriva la polizia
provinciale, loro si spostano sulla sponda di Ferrara. E lì devi aspettare
quelli di Ferrara. Non siamo coordinati e non applichiamo le leggi», ammettono
amareggiati. Quando le guardie provinciali finiscono il turno, la guerra infuria
fra romeni e pescatori sportivi italiani (quelli che ributtano in fiume il
pescato), questi ultimi richiamano la polizia. Ma le forze dell’ordine hanno i
ranghi ridotti. Se e quando i bracconieri vengono fermati, sono subito
rilasciati. «E lì si rischia che finisca con inseguimenti, se non a botte». Ad
alcuni hanno tagliato le gomme, rubato canne e motori. «Ai mondiali di pesca di
Ostellato, a Ferrara, facevamo la gara. Non c'era più pesce. Erano già
passati», svela un agente della provinciale.
I
romeni sono arrivati grazie a iniziative della Ue e a gemellaggi tra Romania e
Italia. Come quello di Tulcea con Fratta Polesine, Rovigo, Aprilia e alleanze
tra i delta di Po e Danubio. Nel 2007 ci fu l'ingresso nella Comunità europea
della Romania, dove il siluro è carne prelibata. Il Danubio romeno diventa
patrimonio Unesco, prende fondi e quindi si liberano dei loro predoni storici,
i lipoveni. Ma Regione Lombardia, a maggio del 2012 (giunta Formigoni) delibera
un protocollo d'intesa con la Sogemi spa, controllata dal Comune di Milano
(giunta Pisapia), per commercializzare pesci d’acqua dolce come siluri,
carassio e gardon. Terreno ottimo per il mercato dei lipoveni. «Pesce low cost,
scommessa vinta, il mercato c'è» dice il neo assessore lombardo Gianni Fava sul
giornale della Sogemi del gennaio 2015. Bisogna cioè provare a venderlo anche
agli italiani, visto che costa poco. Ma i report di Wwf, Legambiente e
Golettaverde provano l'alto inquinamento di molti dei fiumi in oggetto per
pesticidi, liquami, rifiuti fecali e tossici. Un rapporto 2011 della Ue rileva
nei pesci siluro del Po sostanze cancerogene.
Sul
caso Libero ha chiesto spiegazioni ai responsabili del Delta del Po e al capo
nazionale del Corpo forestale, Cesare Patrone, ma nessuno ha voluto
rispondere. Il consigliere regionale emiliano Alan Fabbri della Lega ha
presentato un interrogazione per fermare l'ecocidio. Ieri l'associazione Gruppo
siluro Italia ha organizzato un'iniziativa in questo senso a Gonzaga di
Mantova.
L'Unesco,
nel 2014, ha bocciato la candidatura del Delta del Po al programma
Uomo-biosfera Unesco, proposta dalle regioni Veneto ed Emilia Romagna. «Chi lo
mangia più il pesce pescato nel Po», sbotta un simpatizzante leghista che ci
porta a visitare un canale e aggiunge: «Li vedi. Sono arrivati con le Skoda e
se ne vanno con le Porsche Cayenne».
Su concessione del "GIORNALE".