martedì 10 marzo 2015

DANNI MALTEMPO

Canali ostruiti: a Fresagrandinaria 50mila euro di danni per il laghetto di pesca sportiva


A sinistra il lago prima del maltempo, a destra com'è oggi.
FRESAGRANDINARIA 09.03.2015 - «Non era un "impianto di pesca sportiva", ma un acquario con acqua limpida, azzurra e il proprio ecosistema. Oggi è andato tutto perso». C'è infinita amarezza nelle parole di Nicola Paganelli, titolare del laghetto 'Il pesce fuor d'acqua' di Fresagrandinaria a poca distanza dalla Statale Trignina. La storia della sua attività e dei danni ricevuti durante l'ultima ondata di maltempo è una delle tante legate all'assenza di manutenzione dei canali tra i campi, di cui le responsabilità rimbalzano tra i vari enti. 
Il 5 marzo scorso, l'acqua proveniente dalle colline di Fresagrandinaria, arrivata a valle, ha trovato un terrapieno che le ha impedito di raggiungere il Trigno. Si è così creato un accumulo che ha iniziato a defluire con forza nell'invaso di pesca sportiva. Il laghetto ha una profondita di 8 metri, dopo le piogge è arrivato a 13 metri. L'acqua impetuosa ha trascinato con sé fango, pietre, detriti vari sommergendo la stradina di servizio (dove i pescatori si appostavano durante le gare), una piccola ruspa e provocando il cedimento delle pareti dell'invaso. Le piante di ulivo che si trovavano sul bordo oggi sono in acqua, anche la recinzione che segna il confine con altri privati è in bilico (nella galleria fotografica).
Un danno enorme che Paganelli quantifica in 50mila euro. «Solo il mezzo meccanico aveva un valore di oltre 10mila euro - spiega - Chi non è del mestiere potrebbe pensare che dell'acqua in più non è un problema. Quando il livello inizierà a scendere, i lavori da fare saranno tantissimi: svuotare tutto l'invaso per togliere fango e detriti, rimettere a posto il fondale drenante, ricostruire le pareti e le scarpate e metterle in sicurezza. I terreni confinanti non sono miei e c'è bisogno di 2 metri di spazio aggiuntivo. Inoltre, ci sono due quintali e mezzo di trote immesse per una gara in programma nel fine settimana appena trascorso. Non sono gli unici pesci, ci sono altri quintali di altre specie che grazie all'ecosistema creatosi riuscivano anche a riprodursi».

L'amarezza di Paganelli si acuisce con la consapevolezza dell'evitabilità di quanto accaduto. I canali non hanno trovato sfogo nel fiume; sarebbe bastato aprire un varco nel terrapieno per far defluire l'acqua che invece è tornata indietro (nella prima foto l'accumulo di acqua ormai asciutto che è tornato indietro finendo nel lago, nella seconda il terrapieno che ha fatto da ostacolo).
Accanto al laghetto c'è anche un impianto del consorzio di bonifica: tubi enormi dove passa una grande quantità d'aqua proveniente dalla diga di Chiauci. «Il mio timore - racconta Paganelli - era che potesse rompersi. A quel punto l'allagamento avrebbe interessato tutta la zona. Nonostante questo, le mie richieste di aiuto sono cadute nel vuoto».
È la scarsa attenzione alla problematica, già conosciuta anche dal Comune, l'altra nota dolete dell'intera faccenda.  «È vero che quel giorno le emergenze erano diverse, ma qui sarebbe bastato davvero poco per evitare tutto ciò. Io non voglio parlare di calamità naturale, perché qui si tratta di assenza di manutenzione».

Un giovane sansalvese con radici fresane (il padre è di contrada Guardiola), Paganelli, che ha deciso di investire nella propria terra d'origine e che oggi vede anni di sacrifici finiti sott'acqua. «Ho impiegato anni - ricorda - per avere tutte le autorizzazioni necessarie. La struttura di supporto al laghetto l'abbiamo costruita io e mio padre. Le mie tasse le pago a Fresagrandinaria. Oggi a nessuno interessa. Il sindaco non mi ha neanche saputo consigliare su come muovermi ora, lavandosene le mani, un atteggiamento che non mi è piaciuto».
«Una cosa è certa - conclude Paganelli - adirò le vie legali per accertare le responsabilità di qualunque ente si tratti».
Antonino Dolce




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